Recensione di Ivana Pais
per la Nuvola del lavoro
Novantasette per cento: è la quota di under 35 iscritti alla Cgil che lavorano con contratto a tempo indeterminato. I disoccupati, le partite IVA, i parasubordinati, gli apprendisti sono solo il 3%. E’ da questo scarto che prende spunto “Organizziamoci! I giovani e il sindacato dei mille lavori”, curato da Ilaria Lani a chiusura della sua attività come responsabile delle politiche giovanili della Cgil Nazionale.
Un libro che non nasconde le difficoltà del sindacato nel leggere i bisogni e rappresentare gli interessi di lavoratori distanti dal modello tradizionale. Gli autori partono da una mappatura delle esperienze realizzate negli ultimi anni per affrontare questa sfida: dalla campagna Giovani NON + disposti a tutto, al Camper dei diritti per i braccianti agricoli, fino all’inchiesta Editoria invisibile. Esperienze diverse, con alcuni tratti in comune.
La rete, soprattutto Facebook, come luogo di incontro tra persone altrimenti disperse. Il sindacato non può più incontrare i nuovi lavoratori nelle fabbriche né stare ad aspettarli nelle Camere del lavoro. Per anni, questo ha rappresentato un vincolo oggettivo e ha costretto i sindacalisti più attivi a muoversi per le strade, nei campi e nei centri commerciali. Oggi non è più così: i giovani (e non solo) si incontrano nelle nuove piazze digitali, dove parlano anche di lavoro e diritti. Per il sindacato, rappresenta un’occasione per recuperare spazi di ascolto e dialogo imprescindibili per svolgere funzioni di rappresentanza.
L’inchiesta, anche online, come alternativa all’assemblea. Un modo per dare voce alla narrazione delle esperienze individuali e per trasformarle in un racconto collettivo, tappa preliminare alla partecipazione.
E il rapporto con le reti auto-organizzate: il sindacato accetta di non essere protagonista, ma affianca e sostiene l’iniziativa e l’organizzazione spontanea dei lavoratori.
Il limite di queste iniziative sta nella difficoltà di contaminazione con il resto dell’organizzazione. Il rischio è che non evolvano dallo stadio sperimentale per paura di mettere in discussione equilibri consolidati.
Per superare questa impasse, gli autori propongono come modello di riferimento il community organizing introdotto da Saul Alinsky a Chicago negli anni Trenta, adottato dalla SEIU (Service Employees International Unions) negli anni Novanta e oggi promosso dal Centro Europeo Strategico per l’Organizing di Change to Win ad Amsterdam.
Un modello di supporto alla mobilitazione collettiva che implica un cambio radicale di prospettiva: il sindacato si pone come veicolo di cambiamento sociale e non come organizzazione con interessi particolari. La proposta parte dalla ricerca-azione, attraverso “think-and-do thank” che coinvolgono e attivano leader e risorse locali. Una strategia ambiziosa, che si misura anche in termini di risorse dedicate: la proposta di Change to Win di dedicare a questa strategia il 75% dei fondi disponibili ha portato alla scissione da Afl-Cio, la cui dirigenza era pronta a destinare fino al 50% delle proprie risorse.
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